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La vittoria agli Europei potrebbe regalarci 12 miliardi di euro di Pil in più, sostiene la Coldiretti. E magari anche un aumento dell’export vicino al 10%, proprio come successe quando l’Italia vinse i mondiali in Germania, nel 2006. Lo ha ribadito anche il presidente della Figc, Gabriele Gravina, al premier Mario Draghi che ieri ha ricevuto gli azzurri a Palazzo Chigi: «Tutte le maggiori ricerche stimano l’impatto della vittoria di ieri nello 0,7% del Pil».

Queste previsioni si basano sulla teoria che ogni grande vittoria sportiva genera un’effetto positivo che aumenta il prestigio internazionale di un Paese. Dopo la vittoria degli azzurri nel 2006, per esempio, i dati ci dicono che l’economia nazionale è cresciuta in modo sostenuto, con un aumento record del 4,1% del Pil a valori correnti.

È veramente così? «È indubbio che un certo effetto fiducia, almeno nel breve periodo, ci sarà», sostiene Alessandro Terzulli, chief economist della Sace. Una fiducia che andrà a beneficiare soprattutto il made in Italy agroalimentare: «Mi aspetto una ripresa del canale Horeca e di tutti i prodotti, dal cibo al vino ai liquori, che vengono consumati fuori. Questo effetto sui consumi non riguarderà soltanto gli italiani, ora più propensi a ritrovarsi fuori e festeggiare, ma anche alcuni dei Paesi dove il made in Italy è più apprezzato.

Un po’ sarà l’effetto delle riaperture, con gli stranieri che torneranno nel nostro Paese. E un po’ sarà merito dei consumi all’estero: l’Italia ha vinto gli Europei, perchè non scegliere un ristorante italiano, per andare a cena?».

I paragoni con Germania 2006, però, potrebbero essere fuorvianti: «Che un grande evento sportivo abbia ricadute positive sul Pil del Paese che lo organizza è cosa nota – spiega Terzulli – meno chiara è la coda economica su chi vince la competizione. Nel 2006 la Germania era il nostro primo mercato dell’export: buona parte della crescita del made in Italy quell’anno è dovuta all’aumento dei consumi interni tedeschi».

La vittoria degli Azzurri ai mondiali, insomma, forse non fu per noi il fattore più importante, mentre di certo ebbe un peso l’aumento della domanda dalla Germania.

Meglio così: difficile che gli inglesi, scottati dall’Italia, ora si buttino a capofitto a mangiare italiano. «In più in questo caso c’è anche la variabile Brexit a complicare le cose», ricorda Terzulli.

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