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Titolare un articolo con un una previsione così radicale è forse eccessivo. Sicuramente provocatorio. Quando però si tratta di Google l’aggettivo “radicale” non è mai fuori luogo. Soprattutto quando l’azienda di Larry Page e Sergey Brin annuncia un accordo con Walmart, ovvero con la più grande catena di supermercati del Nord America, il più grande rivenditore al dettaglio del pianeta e infine l’azienda numero 1 della classifica Fortune 500 Global. Insomma una notizia da far tremare le vene ai polsi di tutti gli operatori della grande distribuzione organizzata, e di chiunque abbia un piccolo negozio di commercio al dettaglio.

 

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 L’accordo al momento prevede la possibilità di acquistare beni – “centinaia di migliaia” secondo le dichiarazioni ufficiali – attraverso Google assistant e di riceverli con Google express, la divisione di commercio elettronico di Alphabet.
 Avere al proprio fianco Walmart significa per Google contare su un alleato importante che conosce e domina il mercato della grande distribuzione, che utilizza i big data nella gestione dei giganteschi magazzini e della distribuzione delle merci per centinaia di punti vendita attivi in Nord America. Un livello di automazione e innovazione tale che consente alle due aziende di parlare la medesima lingua e di gestire la catena della logistica – forse, addirittura – ai livelli di Amazon. Insomma, per farla breve, da una qualunque app connessa a Google assistant le persone potranno comprare tutto quello che sta negli scaffali di Walmart e riceverlo a casa propria, muovendo – al massimo – un dito.
 Un simile accordo segna una mossa importante nella guerra che si sta combattendo sul fronte dell’e-commerce, su scala mondiale. Guerra combattuta anche grazie all’utilizzo di quegli assistenti personali che possono avere forme e fogge e differenti, ma che marciano compatti nella stessa direzione: facilitare la vita e soprattutto facilitare gli acquisti dei consumatori.
 Si tratta di uno scontro tra Amazon, Alibaba (il colosso cinese dell’e-commerce), Google e altri big della Silicon Valley, determinati a ottenere il predominio sulle nostre scelte di consumo, attraverso l’intelligenza artificiale.
 E fino a oggi è stata proprio Amazon, leader mondiale del commercio elettronico in ogni settore, a portare per prima sul mercato un assistente personale. Un cilindro nero di nome Alexa che, connesso alla rete e ai server dell’azienda di Jeff Bezos, risponde a svariate domande: quelle dei nostri figli che chiedono aiuto per fare i compiti, quelle su quali farmaci utilizzare per curare la febbre, e infine – ovviamente e banalmente – a quelle richieste di acquisto di ogni genere e per ogni bene. Si tratta di un sistema comodo per facilitare la vita dei consumatori e moltiplicare il giro d’affari del supermercato globale.
 Basti pensare che già oggi con l’App Amazon Prime Now – in Italia operativa per adesso solo a Milano – la spesa di prodotti, compresi quelli freschi, arriva in casa in finestre di due ore, dalle otto del mattino a mezzanotte, gratis e tutti i giorni; pagando invece arriva entro un’ora dall’acquisto.
 Insomma eccolo il vero concorrente che Google e Walmart hanno messo nel mirino. E di fronte al quale non potevano rimanere inerti.

Anche gli altri, a partire da Facebook, non sono rimasti fermi. L’azienda di Zuckerberg ha dovuto impegnarsi sullo stesso terreno: ha lanciato Facebook Marketplace (in Italia da questo agosto). Uno spazio digitale all’interno del social network in cui le persone, le aziende e i professionisti, possono scambiarsi beni e servizi.

 Insomma se finora a vendere beni era stata solo Amazon, e a Facebook e Google interessava soprattutto vendere pubblicità, adesso le cose stanno cambiando. E molto rapidamente. Vendere e vendere dalle piattaforme qualunque cosa, questo sembra essere il mantra.
 La guerra per il predominio nel commercio elettronico è una guerra combattuta grazie al sostegno delle intelligenze artificiali. Gli algoritmi dovranno essere sempre più un grado di capire e anticipare i nostri desideri e i flussi di consumi, di proporre beni da acquistare, di ascoltare e interpretare alla perfezione le nostre richieste, come facciamo al mercato di fronte a un commesso in carne e ossa. E infine di piazzare tutto dentro un carrello che, in breve tempo, ci consegna a casa ogni cosa.
 Capite bene che un simile sforzo applicato a piattaforme che sono utilizzate da miliardi di persone, attraverso gli smartphone, è l’ennesimo tassello della rivoluzione tecnologica. Rivoluzione che le techno-corporation combattono abbattendo ogni ostacolo. Soprattutto lasciandosi alle spalle mercati devastati e interi settori industriali che non possiedono alcuna arma per difendersi.
 Sarà piuttosto complicato per il fornaio sotto casa, o per un banco al mercato ortofrutticolo, combattere con colosso da 2000 miliardi di ricerche all’anno, tipo Google. Un soggetto cui l’umanità intera, in buona sostanza, si rivolge per ogni domanda, anche la più stupida. E che da domani risponderà anche alla richiesta di acquistare la pasta o le uova. Google è già in grado di interpretare in anticipo i bisogni delle persone, sulla base dei flussi di domande che le persone stesse pongono al motore di ricerca. Un simile vantaggio competitivo, applicato al commercio, potrebbe segnare la differenza tra chi guadagna miliardi di dollari e chi fallisce.
 Gli amanti della tecnologia a ogni costo definiscono questo modo di procedere Disruption o successo catastrofico, che spesso si materializza a opera di piattaforme digitali. Successo per pochi, catastrofe per molti. E di solito si celebra il successo e ci si dimentica della catastrofe.
 Netflix è uno soggetto tipico da Disruption che ha stravolto le regole della televisione, un po’ come ha fatto Booking nel turismo, Amazon per il commercio e come presto faranno anche Google e Walmart. E proprio su Netflix, ironia del destino, in una delle serie di maggior successo di quest’anno, 13 Reason Why, nel modesto negozio dei genitori della protagonista, compare a più riprese una scritta contro una catena che ricorda da vicino Walmart: “Support small business, shop small”, ovvero “Sostieni i piccoli negozi, acquista nei piccoli negozi”.
 Quei piccoli negozi che verranno travolti da Amazon, Google e Walmart, molto simili alle piccole televisioni locali travolte dai Netflix, dagli Amazon Prime, YouTube e Facebook Watch.
 
 

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